Che significa fare keyword stuffing e perché devi fermarti subito!

Fare keyword stuffing è una pratica piuttosto dannosa per quanto riguarda la SEO, significa utilizzare troppo e troppe volte la parola chiave nel contenuto costruito per il posizionamento su Google.

Infilare la keyword in modo forzato nel testo è sbagliato, eppure in molti credono che la SEO funzioni davvero così. Cerchiamo allora di capire perché ci sono ancora queste convinzioni in circolazione.

Da dove nasce l’espressione keyword stuffing?

Dobbiamo fare un passo indietro e capire quando e da dove nasce questa pratica dannosa e obsoleta: molti anni fa fare SEO sembrava davvero molto semplice, riuscire a posizionarsi per keyword generiche era ancora fattibile e l’algoritmo di Google era… be’, non quello di adesso. Una delle regole principali per posizionare un contenuto era utilizzare molte volte la parola chiave al suo interno.

Plugin come Yoast sono nati per questo, in fondo. In realtà, non era mai solo questione di quante volte fosse inserita la keyword nel testo, ma almeno questa regolina sembrava così chiara, così semplice da seguire… insomma, perché no? Ecco come nasce la pratica di keyword stuffing: manipolare un testo, forzando la keyword molte volte al suo interno rendendolo poi un contenuto non buono. Col tempo, Google (e i SEO di conseguenza) è corso ai ripari perché questa pratica non fosse più premiante, ma al contrario, penalizzante, in modo tale da migliorare costantemente la qualità dei contenuti presenti su internet e dedicati al nostro sapere comune. Gli algoritmi sono diventati sempre più sofisticati, permettendo di riconoscere buoni testi e di scovare le pratiche scorrette, come quelle di inserire la keyword con carattere bianco su sfondo bianco… Sì, lo so, per alcuni addetti ai lavori come me sentire ancora parlare di questi argomenti è a dir poco nauseante, eppure ancora capita di sentire clienti che “sono stati consigliati così”. Ebbene, nel 2023 non è più possibile utilizzare queste pratiche per posizionare un sito su Google. È sbagliato, in generale, attenersi troppo alla keyword, prenderla come unico punto di riferimento senza riuscire a considerare e a lavorare secondo l’intento di ricerca che c’è dietro quella keyword.

Utilizzare ancora queste terribili pratiche significa non avere alcun risultato su Google per poi decretare, a conti fatti, che la SEO è morta. Per fortuna questo tipo di SEO è morta.

Perché fare SEO non è utilizzare le keyword e far funzionare i semafori

Ed è difficilissimo da capire per chi non si aggiorna con costanza e non fa esperienza sul web ogni giorno

Perché è difficile, punto. La SEO non è più solo tecnica, non è solo testo e non è, in particolare, semafori rossi o verdi. È molto di più, comprende moltissimi aspetti, semantica, linguaggio, comportamenti delle persone, bisogni e user experience, come ho scritto nell’articolo sui trend SEO per il 2023.

E visto che prende in considerazione anche aspetti importantissimi come il brand, il mercato, il marketing e tanto altro ancora, è corretto parlare di SEO olistica, una pratica che richiede e pretende una visione globale del progetto. Insomma, come esordisco nella mia home: non mi chiedere di sistemarti la parola chiave in modo da vedere le lucette verdi di Yoast, perché la SEO e il posizionamento del tuo sito è molto, molto di più. Nasce dai bisogni delle persone che si traducono in ricerche secondo linguaggi differenti, si trasmettono poi sui contenuti che devono offrire soluzioni attraverso la qualità del sito, delle immagini, dell’usabilità, dell’esperienza, della lettura.

Quindi, se non è morta la SEO come molti dicono, sono morte le keyword?

Non proprio, ma è cambiato il loro ruolo già da tempo. Vediamo come.

Non più solo keyword, ma intenti di ricerca

La competizione è ottima: porta le persone, e non le macchine, a cercare soluzioni. Molti affermano, erroneamente, che la SEO è morta perché si limitano a guardare col paraocchi le keyword più generiche di mercato e vedono che arrivare primi per queste è oramai estremamente difficile. È proprio qui che la SEO, in realtà, risorge e trova alternative, trova strade nuove, grazie, appunto, a una visione globale.

Non possiamo più pensare di essere primi per parole chiave singole, generiche, ricerche comuni, utilizzate da tutti, ma possiamo tentare moltissime keyword a coda lunga e possiamo farlo innanzitutto sapendo cogliere i veri intenti di ricerca per portarli così dalla nostra parte. Insomma, un progetto con una visione d’insieme.

Cosa muove le persone, cose le porta a cercare su Google?

Ci sono sentimenti che guidano le ricerche: bisogni, necessità, curiosità, momenti singoli scatenati da qualcosa, il trigger di ricerca, e danno vita a una composizione di parole che ha, come in in semiotica, un significato e un significante. Facciamo degli esempi utili a comprendere meglio.

Esempi di intenti di ricerca

scarpe di tendenza per la primavera

La sequenza di parole che vedi sopra è il significante, il veicolo ciò che trasporta il significato, l’intento di ricerca che è “voglio sapere quali scarpe saranno di tendenza in primavera, voglio informarmi prima di fare un acquisto“. Se digito queste parole su Google non ho intenzione di acquistare, attenzione! Sto navigando, curiosando, mi sto informando. Quando un tool di keyword mi suggerisce questa keyword, non dovrò solo prendere le parole e trasportarle sul testo, pensando di poter metter insieme i miei prodotti da proporre, devo considerare i trend di moda, fornire consigli, indirizzare in modo corretto.

Un altro esempio.

qual è il periodo migliore per andare in sicilia

L’errore più comune che ho visto fare è prendere una keyword come questa, inserirla nel titolo e dedicare il contenuto ai luoghi più belli da vedere in Sicilia. Infatti, il significato qui, o intento di ricerca, è “voglio capire quando pianificare la mia vacanza in Sicilia, mi sto informando“.

Il contenuto può avere sviluppi diversi: prendiamo in considerazione il meteo, prendiamo in considerazione l’affluenza turistica, i prezzi dei traghetti, prendiamo in considerazione gli eventi, l’offerta al pubblico. Tutto questo per trarre una o più conclusioni e rispondere alla ricerca in modo completo e preciso. Certamente non daremo consigli per i luoghi da visitare, quello è un altro intento di ricerca, un’altra keyword, da sviluppare con un altro contenuto e che peraltro utilizzano tutti i travel blogger, tour operator, strutture ricettive ecc ecc. Quindi, è semplice: se ho un progetto furbo, sarà meglio guardare a ricerche più specifiche per portare traffico verso il mio sito.

Alla fine, in ogni caso, più avrò fornito informazioni utili al mio lettore per dargli modo di soddisfare il suo bisogno, più sarà semplice per me indirizzarlo a considerare ciò che propongo davvero: un tour, un pacchetto, un albergo, una guida.

Confermo, non è facile fare tutte queste considerazioni e farle non su un solo contenuto, ma su un progetto intero che deve continuare a pubblicare con costanza per restare attivo e portare traffico. Per questo motivo, oggi più che mai, fare SEO richiede una visione d’insieme, uno sguardo olistico e completo, che abbraccia tutti gli aspetti e non tralascia nessuna curva del Messy Middle.

Ecco perché fare keyword stuffing è deleterio e pericoloso per il tuo sito, così come non ti porterà lontano tralasciare l’aspetto strategico del contenuto.

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